Renè Magritte, L'assassino minacciato, 1926
|
Nero, viola, blu, grigio, bianco: veli che cadevano via via davanti ai suoi occhi. Camminava sospesa nel vuoto, nel tempo capovolto, circondata da ricordi provenienti da tutti i futuri possibili.
Poteva riconoscere i suoi nipoti,
e le favole che aveva raccontato loro diventata anziana.
Poteva riconoscere suo figlio,
e il giorno in cui gli disse che sarebbe diventata nonna.
Poteva riconoscere, sì.
Anche ciò che non aveva ancora vissuto.
D'improvviso, senza che potesse accorgersene, sei uomini vestiti di rosso le si avvicinarono: fu così che le apparve la porta. Attraversala, urlò il primo, e così il secondo, il terzo, il quarto ed il quinto. Il sesto le bendò gli occhi e la spinse. Erano reali quanto le parole di uno scrittore o le promesse degli amanti, ma lei ebbe paura ugualmente.
E il rosso divenne il sangue che le scorreva nelle vene.
E il rosso divenne la terra su cui adesso poggiavano i suoi piedi.
E il rosso divenne l'animale ferito rifugiatosi in un angolo della sua mente.
E il rosso divenne la corsia d'ospedale in cui era stata portata.
E il rosso divenne il letto su cui giaceva immobile.
E il rosso divenne lo sguardo del medico.
Attraversa la porta, fallo adesso, oppure non potrai più tornare indietro: era la sua voce a parlare questa volta, ma come se l'ascoltasse provenire da lontano.
Nessuna maniglia.
Nessuna serratura.
Solo simboli che non riusciva a decifrare.
Arrivò il vento.
Arrivò il mare.
Arrivò il fuoco.
Arrivò l'albero.
Potrai andare via quando saremo uno, dissero il vento, il mare, il fuoco e l'albero. E allora poggiò le mani sulla porta diventando lei stessa porta e finalmente i suoi occhi si aprirono.
©Massimiliano Cerreto
P.S. Mi piaceva l'assonanza di Traum, sogno in tedesco, con trauma.
Nessun commento:
Posta un commento