Il marito si ferma, le sue mani non cercano più, la sua lingua si ritrae, i suoi occhi strangolano.
I rami affilati tagliano, incidono, la pelle è corteccia che si stacca dalla carne, la bucano come aghi e nella foga i lamenti di dolore si mischiano ai passi pesanti che frantumano foglie secche, i versi degli uccelli complici sui rami e poi altri tagli e altri aghi tra le cosce nude e sulla schiena, il marito trascina il suo corpo tra le foglie morte, in una mano i capelli di lei, nell'altra l'accetta che quei boschi conoscono bene; e adesso lei è strisciante, nuda, le radici degli alberi le rigano la pelle, quegli alberi complici di passioni sbagliate, di frenesie sbagliate, di desideri e pruriti sbagliati e di quell'odore di pini che adesso sembra l'unica cosa vera e l'odore si fa più intenso, sempre di più, l'odore dei pini vorrebbe scavare, scavare dentro e abbattere strutture, distruggere e ricostruire.
Tutto si ferma. Gli occhi di lei vedono solo foglie dal basso e una luna che crea suggestioni di morte, poi la voce del marito – mia piccola ragazza – dice – dove hai dormito la scorsa notte? - lei lo guarda e vorrebbe rispondere, gli occhi gonfi di ecchimosi e la gola pastosa di sangue, lei lo guarda ma non risponde e prima che l'accetta si abbassi, l'odore dei pini riempie i suoi polmoni e si attacca alla sua carne.
foto da Antichrist
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