A pagina 40 la mia poesia
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Vite Infamate
Come un ragno
che non rimane mai preda
della sua tela,
tessi trappole per gli infanti.
Ti acquatti e aspetti
sicuro
dell'esito futuro.
Non c’è coscienza
nell'immondizia della tua
anima
che nutri di dolore innocente
Ti senti forte
Ma ti confronti solo con una
infanzia
che dissacri per tuo godimento
Non ti chiedo neppure che uomo
sei
Perché non sei nemmeno un uomo.
Allora cosa sei?
Dimmelo tu
Un essere malato?
No, non ci credo a questa
malattia
Chiamiamola col suo nome: è
vigliaccheria!
Quella che gode del dolore degli
inermi
È perversione
Meriti solo lapidazione
Laico o prete che tu sia
non avrai mai l'assoluzione mia
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